(di Roberto Ganganelli) | Per secoli, onorare “gli illustri” con medaglie celebrative destinate a perpetuarne il ricordo è stata un’usanza diffusa che ha portato alla realizzazione, solo in Italia, di migliaia di coniazioni, singole o facenti parte di vere e proprie serie (come non ricordare le “storie metalliche” di tante dinastie italiane o quella di Pietro Girometti e Nicola Cerbara comprendente, fra gli altri, i ritratti di Michelangelo, Petrarca, Cellini e Palladio). Una consuetudine, purtroppo, affievolitasi negli ultimi decenni, salvo alcune eccezioni tra le quali ci fa piacere segnalare, in questi giorni, la medaglia per il centenario della morte dell’artista Ernesto Biondi (1854-1917). Nato a Morolo, in provincia di Frosinone, il 30 gennaio 1854, il Biondi iniziò di fatto la sua carriera creativa con una riproduzione della statua di san Cataldo, patrono di Supino (Frosinone), che era stata distrutta da un incendio. Nel 1870 si trasferì a Roma dove nel 1872 conseguì il diploma dell’Accademia di San Luca e il Primo premio nella Seconda classe di scultura.
Scultore verista, si interessò in particolare a temi sociali, letterari e storici. Molte sue opere richiamano i valori sociali e repubblicani nei quali l’artista si riconosceva. Tra queste “Povero Cola” e “Povera Gente” (entrambe del 1888) che denunciano le misere condizioni di vita delle classi popolari. L’artista, del resto, visse in un periodo cruciale per la storia italiana, tra il compimento del Risorgimento e l’unificazione d’Italia con i problemi che ne seguirono, le vicende della crisi di fine secolo, l’aprirsi del ‘900 con le sue aspettative di prosperità e progresso, la tragedia della I Guerra Mondiale. Ernesto Biondi non fu estraneo a tutto questo: visse con l’intensità dell’artista e la passione dell’uomo che si immedesima nei dolori dell’umanità cercando di contribuire alla loro risoluzione e richiamando a valori di giustizia, libertà e fratellanza. Fu, non a caso, convinto sostenitore del movimento socialista, a sostegno del quale si schierò con atti e opere.
Tra le sue creazioni sono da ricordare “I Saturnali” (1890-1899, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma), “Gaio” (1911, Palazzo di Giustizia di Roma), “Libertadores” (1900, Santiago del Cile), “Le Marie al Sepolcro” (1903, Buenos Aires), il “Monumento a Nicola Ricciotti” (1910, Frosinone), “San Francesco” (1889, Morolo) e le fontane di Gorga, Montelanico e Cisterna di Latina del periodo 1885-1891.
Ernesto Biondi morì a Roma il 4 aprile del 1917 e Roma Capitale, nella stessa data di cento anni dopo, lo ricorda con lo scoprimento di una targa sull’edificio di Via degli Scipioni 292 nel quale l’artista visse e lavorò a lungo. E, per l’occasione, è anche stata realizzata una bella medaglia in tiratura limitata, curata dalla Picchiani & Barlacchi di Firenze e coniata in bronzo patinato con diametro di mm 40. Particolarità che impreziosisce l’omaggio medaglistico al Biondi è che il ritratto di profilo, posto sul dritto, è tratto da un’opera originale di Carmine Genua (1824-1906), altro valente artista che di Ernesto Biondi fu amico e, con lui, tra i protagonisti della vivace scena artistica italiana tra XIX e XX secolo.