INCISORI, CONII E PUNZONI: ALLE ORIGINI DELLE MONETE BOLOGNESI

documents-button(di Roberto Ganganelli) | Nel 2009, lo studioso Michele Chimienti diede alle stampe un volume atteso da decenni nel panorama della bibliografia numismatica italiana: si trattava di “Monete della zecca di Bologna”, un saggio-catalogo generale ed aggiornato sulle emissioni felsinee dal 1191 al 1861, corredato dalla pubblicazione integrale degli esemplari conservati presso il Museo Civico Archeologico di Bologna e integrato da numerosi inediti, varianti e particolarità messe a disposizione da parte di collezionisti. Un esempio lodevole di collaborazione tra un’istituzione pubblica e il mondo degli studiosi e degli appassionati che ha riscosso critiche lusinghiere, sia in ragione della qualità generale dell’opera che della bellezza e varietà dei tipi monetali coniati a Bologna nel corso dei secoli. La ricerca è poi proseguita con “La zecca di Bologna e le sue macchine”, un minuzioso e affascinante viaggio alla scoperta di un eccezionale patrimonio tecnologico – in parte disperso, in parte ancora esistente – condotto dallo stesso Michele Chimienti attraverso le carte d’archivio della Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna e finalizzato all’analisi dei dispositivi utilizzati nella filiera di lavorazione della moneta e della loro evoluzione nel tempo.

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La copertina del volume dedicato a incisori, conii e punzoni della zecca di Bologna (source: archive)


Non poteva mancare, a questo punto, l’ultima e impegnativa sfida destinata ad approfondire la monetazione e la medaglistica bolognesi, ossia lo studio dei conii e dei punzoni conservati, in gran numero e varietà, presso il Museo Civico Archeologico del capoluogo emiliano. Per affrontarla, oltre che contare sull’esemplare appoggio dell’istituzione diretta da Paola Giovetti, Michele Chimienti si è avvalso della collaborazione di un altro cultore della monetazione felsinea, Guglielmo Cassanelli; così, da un lavoro di approfondimento e riscontro durato diversi anni è scaturito, pochi mesi or sono, “Incisori e conii della zecca di Bologna conservati presso il Museo Civico di Bologna”, primo volume – relativo al periodo dalle origini della zecca al 1805 – che censisce, contestualizza e analizza tutti i materiali creatori conosciuti e ascrivibili ad emissioni della zecca emiliana.

Circa duemila tra conii e punzoni parziali sono conservati oggi a Bologna, dei quali tre quarti relativi a monete del XIX secolo e il resto collocabile nel periodo dal Cinquecento al Settecento; nella raccolta, inoltre, si contano numerosi conii antichi o prodotti per altre officine monetarie come Roma, Venezia ed alcune gonzaghesche. Un patrimonio complesso, la cui pubblicazione non poteva prescindere né da un incrocio con la documentazione d’archivio – anche questa, assai copiosa – né da uno studio parallelo sull’organizzazione della zecca bolognese nei secoli, sulle sue maestranze e, in particolare, sugli incisori che nel tempo diedero lustro, “in punta di bulino”, a signori, papi e re, alle araldiche comunali e pontificie, ai patroni della città e alle iconografie legate alla sua storia.

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Giuseppe Ruotolo e Michele Chimienti presentano il volume, pubblicato con il patrocinio dell’Accademia Italiana di Studi Numismatici (source: author)


In questo primo volume, ricco di ben 664 pagine riccamente illustrate in bianco e nero, Michele Chimienti e Guglielmo Cassanelli prendono in esame tutti i materiali creatori fino all’avvento del Regno napoleonico (1191-1805) e, dopo aver delineato alcuni tratti fondamentali nello sviluppo della monetazione bolognese, si addentrano nel complesso panorama dell’organizzazione della zecca, prendendo in esame – ad esempio – le procedure di assegnazione degli incarichi, i vari concorsi banditi in zecca, l’impatto delle nuove tecnologie sul ciclo di lavorazione e, naturalmente, le biografie degli artisti incisori. Alcuni anonimi, altri celeberrimi, si contano a decine gli uomini che, nei secoli, hanno dato vita agli “stampi” destinati a imprimere le monete bolognesi e le medaglie prodotte nella medesima zecca e, di ciascuno, le vicende professionali – e talvolta, squisitamente personali – vengono ricostruite nel volume con dovizia di dettagli.

Riproduzioni e trascrizioni di documenti d’archivio, immagini a confronto di punzoni e conii tra loro correlabili, un minuzioso apparato di note e rimandi bibliografici completano la prima parte dell’opera alla quale segue il catalogo vero e proprio comprendente prima in conii per monete (ossia, le impronte complete al negativo di emissioni monetarie), quindi i conii “diversi” (ad esempio per pesi monetali e tessere), infine i punzoni al positivo, elementi parziali utilizzati per velocizzare la produzione dei conii ed, eventualmente, la loro riproduzione in caso di usura o rottura. Ottime le immagini – merito della campagna di schedatura fotografica digitale messa in atto già da anni presso il Museo Civico Archeologico – come pure risultano complete e rigorose le descrizioni e le informazioni metrologiche. Con scelta di metodo assai azzeccata, infine, a ciascun conio sono state abbinate le tipologie di monete con esso prodotte, e a ciascun punzone quelle su cui se ne riscontra l’uso nell’ambito della realizzazione dei conii.

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Conio bolognese con san Petronio sulle nubi e, di sfondo, le torri della città (courtesy e copyright: Museo Civico Archeologico di Bologna)


Va detto, a onor del vero, che un concorso non comune di circostanze favorevoli ha permesso la realizzazione di questo primo, importante volume dedicato a “Incisori e conii della zecca di Bologna”: innanzi tutto, il fatto che la città emiliana abbia conservato nei secoli, come in uno scrigno, testimonianze numismatiche in altri casi andate distrutte o perdute; in secondo luogo, la disponibilità delle istituzioni pubbliche – in teoria del tutto scontata, in realtà non così comune come lo è a Bologna – nel mettere a disposizione degli studiosi quel patrimonio d’arte, tecnologia e storia che sono i fondi museali e d’archivio; infine, la preparazione scientifica (e la tenacia) di Michele Chimienti e il prezioso supporto di Guglielmo Cassanelli i quali, con impegno e metodo, hanno fatto letteralmente rivivere – forse, più che attraverso le sole monete – l’officina monetaria della città, che per secoli è stata istituzione fondamentale e stabilimento industriale, luogo di creatività e di applicazione tecnica. E con essa, sono tornati a rivivere gli artisti, gli incisori, tanti personaggi dimenticati (spesso, anche dagli stessi numismatici) e che oggi, finalmente, possiamo di nuovo conoscere ed apprezzare.