(di Mario Traina, revisione redazionale di Roberto Ganganelli) | Per Cristoforo Colombo, la grande svolta arriva nel 1492, quando ormai egli dispera di realizzare il suo sogno di navigare verso le Indie. Nel gennaio di quell’anno Granada, l’ultima roccaforte in mano ai Mori, cade nelle mani di Ferdinando ed Isabella, ponendo fine a un’interminabile guerra durata un decennio. Se la vittoria ha letteralmente prosciugato il tesoro reale ha però donato ai sovrani, insieme all’ammirazione di tutta la Cristianità, il titolo di “cattolicissimi” e alla Spagna la tanto sospirata unità territoriale nelle sue frontiere naturali. Ad aiutare Colombo sono un domenicano, Diego de Deza, il priore francescano Jean Perez (non per niente Colombo si fa terziario francescano) e lo stesso “contador major” d’Aragona, Luis de Santàngel, un ebreo convertito, affarista in proprio, socio del Pinelli, dei Centurione e degli Spinola coi quali Colombo è a sua volta legato dalle stesse origini genovesi e da vincoli di amicizia.
E’ Santàngel a convincere Isabella: il rischio è scarso, il possibile profitto immenso. Se le richieste di Colombo sono esorbitanti, è altrettanto vero che sarebbero prive di ogni importanza se dovesse fallire. Ma se quello che Colombo afferma è vero, nessun prezzo è troppo alto. Poi quale gloria e prestigio politico e morale verrebbero ai sovrani? La Spagna diventerebbe arbitra dei traffici oceanici. Infine l’ultimo argomento, il più convincente: i sovrani non hanno liquidi? Le previsioni sono nere, ora che gli ebrei – da sempre i maggiori finanziatori, volenti o nolenti, delle casse reali – sono stati messi al bando? Poco male, la guerra non ha prosciugato le risorse di Santàngel, dei banchieri e dei commercianti, che sono disposti ad anticipare i fondi necessari.
Ma quanto viene a costare il primo viaggio di Colombo? Due milioni di maravedi (o marabotini), pari a 5000 monete d’oro, ciascuna di 3,5 grammi circa, più la paga degli equipaggi per 260.000 maravedi al mese o 650 ducati d’oro. Una somma in realtà modesta se si considera che a Genova, in quegli stessi anni, per comprare il solo legname grezzo occorrente alla costruzione di una nave occorrono dalle 600 alle 800 monete d’oro o doppie di Castiglia, le famose “doblas da 2 escudos”. L’albero maestro costa mille monete e per le vele ed i cordami ne occorrono altre 1500. Insomma una nave ultimata viene a costare sulle 8000-10.000 doppie di Castiglia. Se poi si valuta il carico delle navi di ritorno dall’Oriente il valore oscilla tra le 80.000 e le 100.000 monete d’oro. Tuttavia, per la spedizione di Colombo non si prendono in affitto grosse navi mercantili, ma solo tre piccole caravelle, ciascuna con un equipaggio ridotto e con a bordo non mercanzia preziosa ma paccottiglia destinata agli indios.