Di Giovanni Ardimento. Risale al 24 gennaio 2017 la prima sentenza emessa da un tribunale italiano che si è trovata ad affrontare il complesso tema delle criptovalute. Nella specie, la questione oggetto del contendere analizzata dalla magistratura veronese concerneva la corresponsione da parte di un soggetto privato a una società di servizi informatici di una somma di denaro avente corso legale in cambio di bitcoin, i quali dovevano costituire la provvista per l’adesione a una operazione di crowdfunding condotta da una società ucraina.
Il conto di cui alla relativa disponibilità di bitcoin non è mai stato operativo e ciò ha determinato la chiamata in giudizio della società-veicolo, che ha dovuto rispondere in sede civile di condotta abusiva, violazione di obblighi di informativa precontrattuale, violazione di obblighi legali di forma, con conseguente nullità del contratto e relativa restituzione di quanto percepito. Nell’occasione il tribunale scaligero, richiamando un contributo dottrinale, ha avuto occasione di chiarire la natura del bitcoin.
Il bitcoin è stato definito giuridicamente come «uno strumento finanziario utilizzato per compiere una serie di particolari forme di transazioni online costituito da una moneta che può essere coniata da qualunque utente ed è sfruttabile per compiere transazioni, possibili grazie ad un software open source e ad una rete peer to peer».
A parte qualche imprecisione linguistica, ciò che risalta è il tentativo da parte di un organo giudiziario di inoltrarsi nella comprensione e definizione di un complesso fenomeno finanziario che sta pervadendo negli ultimi anni le modalità transattive e conservative della propria ricchezza, assumendo una consistenza esponenziale, specie negli ultimi dodici mesi.
La questione in realtà va ben oltre, perché i risvolti operativi che caratterizzano l’universo delle criptovalute investono aspetti sociali, informatici, monetari, giuridici e finanziari di così vasta portata da rappresentare un nuovo capitolo nella storia della tecnologia che è appena agli esordi ed è tale da ripercuotersi, in virtù della sua virulenza, anche sugli aspetti penali dell’ordinamento giuridico e sulle modalità di investigazione rispetto a fatti di natura criminosa.
Nell’analisi circa la natura e le forme delle criptovalute, occorre innanzitutto stabilire una distinzione tra moneta elettronica e moneta virtuale. La moneta ha avuto una sua evoluzione storica ben precisa. Storicamente si è passati dalla moneta-merce delle prime civiltà (un utensile, un pezzo di metallo sagomato, conchiglie, perle…) alla moneta rappresentativa (che aveva come sottostante un valore metallico a garanzia del suo valore, in genere l’oro), quindi dalla moneta fiat (o con valore legale/fiduciario, come le attuali banconote circolanti), infine alla moneta elettronica (che secondo la direttiva 2007/64/CE esprime «un valore monetario rappresentato elettronicamente, ivi inclusa la memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso dietro ricevimento di fondi per effettuare operazioni di pagamento»).
La moneta virtuale è stata definita nel 2012 dalla BCE come «un tipo di denaro digitale non regolamentato, che viene rilasciato e di solito controllato dai suoi sviluppatori, utilizzato e accettato tra i membri di una specifica comunità virtuale».
La moneta virtuale esprime più precisamente, la rappresentazione digitale di un valore, non emesso da un’autorità, tale da essere usata come mezzo di scambio, trasferita, immagazzinata o commercializzata elettronicamente. Tecnicamente è stata inoltre definita come una «valuta digitale decentralizzata basata sul peer-to-peer e sulla crittografia, trasferita mediante una blockchain condivisa, non regolamentata». Di fatto assolve alle principali funzioni svolte dallo strumento monetario, ovvero mezzo di scambio, unità di conto e riserva di valore.
Le differenze essenziali tra una banconota e una valuta virtuale possono essere enucleate sinteticamente in quattro punti.
Un biglietto di banca è anonimo, non tracciabile, senza valore intrinseco e producibile con costi che tendono a zero.
Una valuta virtuale attualmente è pseudonima, tracciabile seppure con complesse procedure, ha un valore che deriva dal mercato, comporta ingenti costi di produzione che tendono ad aumentare in ragione della produzione di una unità aggiuntiva di moneta.
Secondo un report della BCE risalente al febbraio 2015 dal titolo Virtual currency schemes – a further analysis, le cripto valute in circolazione sono circa 500. Tra queste si distinguono Ethereum (EHT), Ripple (XRP), Litecoin (LTC), Monero (XMR), Dash Digital Cash (DASH), ma soprattutto Bitcoin, che rispetto alle altre presenta una diffusione e un coefficiente di capitalizzazione ben al di sopra.
Va puntualizzato che Bitcoin con l’iniziale maiuscola indica in genere la tecnologia di pagamento e registrazione crittografica di informazioni, mentre bitcoincon l’iniziale minuscola, fa riferimento alla moneta creata e messa in circolazione con quella tecnologia.
Bitcoin è uno strumento monetario peer to peer, che opera su piattaforma open source, mediante un linguaggio crittografico, con tecnologia blockchain: significa che la tenuta contabile delle operazioni non è centralizzata presso un singolo ente o istituto ma è affidata alla rete mediante interconnessioni di scambio articolate in una blockchain, ‘catena di blocchi’. Ogni transazione non necessita della intermediazione degli istituti di credito, perché tale piattaforma è di dominio pubblico e si svolge mediante open source, un ‘sistema di verifica aperto’. In sostanza Bitcoin utilizza la crittografia (nella specie un algoritmo crittografico asimmetrico) che si serve di due chiavi generate matematicamente: una chiave privata impiegata per firmare e crittografare il denaro digitale e una chiave pubblica che viene usata per decrittografare il messaggio e verificarne la firma. Una volta validata dalla rete la transazione è incorporata in modo permanente alla blockchain e il destinatario riceverà i suoi bitcoin.
La rete Bitcoin infatti è costituita a livello planetario da migliaia di nodi, geograficamente distribuiti in modo non omogeneo, alcuni dei quali assumono la funzione di miner, ‘minatori’, in quanto mediante la risoluzione di un complesso problema matematico effettuano la convalida delle transazioni. Infatti ogni nuova transazione è in uno stato di non confermato in quanto la rete deve stabilirne la validità (saldo sufficiente e firma digitale). A seguito di avvaloramento, le transazioni sono raggruppate in un blocco dal miner. Poi, i blocchi accettati vengono scambiati dai nodi, contrassegnati con un timestamp, ‘marca temporale’ e concatenati in modo permanente alla blockchain. Per operare in virtuale con tale tecnologia occorrono pertanto una somma di denaro corrente, un indirizzo del beneficiario e un conto wallet. Quest’ultimo rappresenta un portafoglio virtuale che si forma in modo digitale e al quale si attinge con date procedure ai fini dell’accreditamento di una data somma alla controparte.
L’architettura che presiede alla produzione del bitcoin ha un limite di espansione, stabilito in origine in 21 milioni di bitcoin. Il diagramma che illustra la dinamica di espansione della massa monetaria BTC muta la sua pendenza, perché il processo di creazione ed estrazione del bitcoin avviene a ritmi decrescenti fino ad attestarsi su un valore limite. Tuttavia, se è definito il valore unitario della quantità programmata, resta affidato al mercato la quotazione di ogni singolo bitcoin. Il bitcoin è tecnicamente suddivisibile in sottomultipli, fino a otto cifre decimali; l’unità più piccola è detta satoshi, in omaggio al suo inventore, l’ingegnere giapponese Satoshi Nakamoto (secondo le fonti più accreditate il vero ideatore della tecnologia bitcoin sarebbe l’imprenditore australiano Craig Wright, esperto di sicurezza delle informazioni).