L’HISTAMENON E L’APOGEO DI BISANZIO

(di Luca Mezzaroba) | Per l’antico Stato bizantino, la seconda metà del X secolo e il primo quarto dell’XI secolo costituirono il periodo di massimo prestigio politico e potenza militare della sua storia; non a caso quegli anni coincisero, secondo una felice espressione del grande storico Georg Ostrogorsky, con “l’età d’oro dell’Impero bizantino”. Tale definizione, per certi versi, si può applicare anche all’ambito numismatico e monetario, dato che fu proprio per merito dei basilei protagonisti di quegli anni che il sistema monetario medievale bizantino subì un primo, importante, rinnovamento, passando dalla semplice struttura trimettalica (composta rispettivamente da solidi d’oro, miliaresia d’argento e follis di bronzo) ad una più complessa, che prevedeva la creazione del tetarteron, una moneta d’oro dal peso lievemente inferiore a quello del solido (cfr. C. Morrison, ˝Byzance et sa monnaie. IV-XV siècle, Lethielleux 2015, p. 23)

Tale rinnovamento fu voluto da Niceforo II Foca (963-969), un grande generale che si era insediato a Costantinopoli usurpando il trono ai giovanissimi eredi porfirogeniti della dinastia regnante, vale a dire quella macedone. Era accaduto infatti che Romano II (959-963), sovrano frivolo e decisamente poco interessato alla politica, fosse morto improvvisamente, lasciando il potere nella mani dei tre figlioletti (Basilio, Anna e Costantino) e della giovane e ambiziosa moglie Teofano.

Proprio Teofano, spaventata dai complotti dell’aristocrazia costantinopolitana, si era infine decisa a chiamare nella capitale il più grande generale dell’epoca, Niceforo Foca, membro di una delle famiglie più potenti e ricche dell’Impero e celebre per aver scacciato i pirati saraceni da Creta (960-961) e aver sconfitto gli Arabi di Aleppo. Giunto a Bisanzio, costui non aveva esitato a soffocare ogni resistenza con la forza delle armi; successivamente, il 14 agosto 963, era stato incornato basileo, ottenendo contemporaneamente la mano di Teofano e la tutela dei suoi giovani porfirogeniti.

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Histamenon di Niceforo II Foca con la Vergine. Oro, g 4,45 (source: archive)


Niceforo II, infatti, non tentò mai di eliminare i legittimi eredi, atto che lo avrebbe certamente messo in cattiva luce davanti al popolo di Costantinopoli, semplicemente li mise da parte, gestendo in modo autonomo il potere. Il suo carattere, forgiato da anni di campagne militari “era rude e cupo, il suo modo di vita asceticamente semplice. La lotta sul campo di battaglia era la sua unica passione, la preghiera e i rapporti con uomini che conducevano una pia esistenza, il suo unico bisogno spirituale” (cfr. G. Ostrogorsky, “Storia dell’Impero Bizantino”, Torino 1968, p. 251). Tali caratteristiche costituirono i cardini del regno di Niceforo II: dal punto di vista militare, le armate bizantine sottomisero Cipro e tutta la Siria, con la grande città di Antiochia, mentre sul piano interno le grandi famiglie nobili furono favorite nell’acquisizione dei latifondi, mentre la tassazione fu fortemente inasprita.

Niceforo II fu infine protagonista dell’introduzione del tetarteron e della nuova definizione del solido: per quanto riguarda il primo, esso era di fatto un nuovo tipo di moneta d’oro, creato probabilmente per ragioni fiscali e il cui stesso nome, “moneta priva di un quarto”, indicava il suo valore di ¾ di solido. A tale definizione non corrispondeva però il valore reale, per la verità superiore ai ¾ di solido. L’introduzione di questa moneta, d’altra parte, portò ad identificare le monete d’oro di peso intero con un nome differente: nasceva così l’histamenon.

Anche le monete d’oro emesse durante il regno di Niceforo II Foca risentirono del carattere deciso e autoritario di questo sovrano: se infatti al dritto il basileo mantenne la raffigurazione del Cristo Pantokrator, benedicente e con i Vangeli, tipica della tradizione macedone, al rovescio la figura imperiale fu affiancata da quella della Vergine, che andava a sostituirsi a quelle dei giovani eredi al trono, esclusi dalla gestione del potere attivo. La rappresentazione di Niceforo II, incoronato e nella veste di apparato, è in ogni caso stereotipata: egli infatti divenne imperatore a 51 anni e il suo aspetto era poco attraente, elementi che certo non risultano nell’iconografia monetaria.

Nonostante la feroce tassazione, la fine di Niceforo II Foca non avvenne a causa di una qualche sollevazione popolare, bensì per una congiura di palazzo. L’imperatrice Teofano, ormai ostile al marito, decise infatti di legarsi ad un altro generale imperiale, Giovanni Zimisce, divenendone amante; i due organizzarono ben presto un complotto e la notte dell’11 dicembre 969 i congiurati “con la spada in mano raggiunsero la camera imperiale senza incontrare la vittima designata nel letto, cosa che fece loro ritenere di essere stati scoperti; un eunuco però li avvertì che il sovrano, secondo le sue abitudini ascetiche, dormiva a terra. Zimisce lo svegliò con un calcio e un altro [congiurato] lo colpì con un terribile fendente alla testa” (cfr. G. Ravegnani, “Imperatori di Bisanzio”, Bologna 2008, p. 162); il corpo del vecchio sovrano, chiamato dal popolo “la morte bianca dei Saraceni”, fu gettato nella neve, dove rimase insepolto mentre Giovanni Zimisce veniva incoronato.

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“Invasione dei Russi e assedio di Silistra”, (XIV secolo), “Cronaca di Costantino Manasse”, miniatura n. 64 (source: web)


Nonostante il successo della congiura, il regno di Giovanni I Zimisce (969-976) iniziò nel peggiore dei modi: mentre infatti il patriarca si opponeva al nuovo usurpatore, pretendendo che scacciasse l’imperatrice Teofano colpevole di tradimento, sul piano militare la vicina Bulgaria era invasa da un possente esercito russo, che minacciava i confini imperiali. Giovanni I allora agì senza porsi il minimo scrupolo: dopo aver mandato l’imperatrice in esilio, si mise a capo dell’esercito avanzando in Bulgaria. Le vittorie di Preslav e Silistra (971) sui Russi sono annoverate tra le più straordinarie e sanguinose della storia bizantina; dopo questi trionfi l’attenzione del basileo si concentrò in Oriente; alla guida di un grande esercito egli penetrò in Palestina, giungendo fino ad Acri e nei pressi di Gerusalemme, qui però Giovanni I si fermò, ben consapevole dei rischi di un’ulteriore avanzata. La campagna orientale aveva però minato la salute del sovrano, tornato a Costantinopoli già malato, egli morì dopo soli sette anni di regno.

Dal punto di vista monetario, Giovanni I Zimisce continuò la riforma voluta dal suo predecessore: anche durante il suo regno, infatti, vennero emessi sia histamena che tetartera. Come Niceforo II, anche Giovanni I scelse di mantenere immutata, sui due tipi di monete, l’immagine di Cristo Pantokrator sul dritto e di non far rappresentare, sul rovescio, i legittimi eredi al trono, di cui comunque si era proclamato tutore. Sia negli histamena che nei tetartera il basileo, sopra la cui testa si nota la mano di Dio, è raffigurato accanto alla Vergine, che in questo caso lo incorona simbolicamente; le due figure sono sempre divise da una croce patriarcale, tenuta in questo caso dal solo sovrano. I due tipi di monete, dal punto di vista iconografico, non presentano dunque particolari varianti tra loro; tuttavia bisogna notare che anche in questa occasione la rappresentazione del sovrano è idealizzata e non coincide con la realtà: Giovanni I, al contrario di Niceforo II, era infatti un uomo carismatico e più gradevole di aspetto, nelle monete invece le due figure imperiali non presentano particolari differenze fisiche, cambia invece la loro posizione rispetto alla Vergine, a sinistra il primo, a destra il secondo.

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Histamenon di Giovanni I Zimisce con la Vergine. Oro, g 4,30 (source: archive)

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Tetarteron di Giovanni I Zimisce con la Vergine. Oro, g 3,90 (source: archive)


Alla morte di Giovanni I, il trono poté passare ai legittimi eredi della dinastia macedone, vale a dire Basilio e Costantino, diciottenne il primo, sedicenne il secondo. Anche se i due fratelli governarono formalmente insieme, fu ben presto il maggiore, Basilio, a porsi alla guida dell’Impero. In questo breve articolo non è il caso di soffermarsi sulla straordinaria e complessa figura di Basilio II e sul suo lunghissimo e glorioso regno (976-1025); sarà sufficiente ricordare il momento in cui la sua personalità, da frivola e gaudente, subì un repentino e irreversibile cambiamento. Secondo le testimonianze egli “verso tutti si mostrava sospettoso, aveva il sopracciglio inarcato, la sua mente era in agguato, facile all’ira e profonda contro chi commetteva errori […] era egli solo a prendere decisioni, egli solo a disporre le sue milizie, […] Non dava perciò il minimo peso agli eruditi, ma anzi nutriva per questa categoria […] il più assoluto disinteresse” (cfr. M. Psello, “Imperatori di Bisanzio. I”, a cura di S. Impellizzeri, Milano 1984, p. 29 e p. 43).

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“Vittoria di Basilio II e arrivo dei soldati bulgari accecati dallo zar Samuele”, (XIV secolo), “Cronaca di Costantino Manasse”, miniatura n. 66 (source: web)


Non appena Basilio II ascese al trono, dovette affrontare problemi su tutti i fronti: le grandi famiglie nobili si rivoltarono contro di lui, scatenando una serie di guerre civili che si protrassero fino al 989, sul fronte balcanico, invece, l’ascesa del grande zar Samuele portò la Bulgaria ad espandersi dal Danubio fino alla Grecia meridionale, e a costituire dunque un pericolo mortale per Bisanzio. Furono proprio queste difficoltà a forgiare il carattere di Basilio II, trasformandolo in un freddo e determinato guerriero, interessato solo alla gestione personale e autocratica dello Stato, avverso alla nobiltà ed estremamente misogino.

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Mappa dell’estensione dell’impero bizantino alla morte di Basilio II, nel 1025. Clicca per ingrandire (source: Wikipedia)


La sottomissione della Bulgaria (1001-1014) è certamente l’azione più nota di questo sovrano, che non esitò a riservare un trattamento estremamente crudele ai nemici sconfitti nella battaglia di Kleidion: “I circa quattordicimila prigionieri, per ordine di Basilio II, vennero accecati e rispediti da Samuele in gruppi di cento. Di questi novantanove erano stati completamente accecati; al centesimo era stato tolto un occhio solo perché potesse fare da guida al convoglio” (cfr. G. Ravegnani, “Introduzione alla storia bizantina”, Bologna, 2008, p. 116). Con questa vittoria, l’Impero bizantino, che si estendeva dal Danubio ai deserti della Siria e dalla Calabria alle montagne armene, aveva raggiunto la sua massima estensione, se si esclude l’effimera riconquista di Giustiniano I, e Basilio II assunse il soprannome di “Bulgaroctono”, vale a dire uccisore di Bulgari.

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Histamenon di Basilio II e Costantino VIII. Oro, g 4,12 (source: archive)

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Histamenon di Basilio II e Costantino VIII. Oro, g 4,38 (source: archive)

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Tetarteron di Basilio II e Costantino VIII. Oro, g 4,22 (source: archive)


Il basileo intervenne anche sul piano economico e monetario: egli infatti riuscì ad accumulare un gran numero di ricchezze, incrementando notevolmente il tesoro imperiale ai danni dei grandi proprietari terrieri; in secondo luogo provvide ad una normalizzazione dell’histamenon e del tetarteron. Pur essendo entrambi solidi, il primo fu reso più largo e sottile, il secondo più piccolo ma di spessore maggiore. Dal punto di vista iconografico, le monete sembrano mantenere le normali caratteristiche già analizzate in precedenza, tuttavia vi sono alcuni dettagli che possono risultare interessanti: come è intuibile, infatti, al rovescio la figura della Vergine scompare in quanto Basilio II e suo fratello Costantino VIII, entrambi imperatori, appartenevano alla legittima dinastia macedone. Sia nell’histamenon che nel tetarteron, poi, entrambi i sovrani sono rappresentati della medesima altezza; tale raffigurazione, corretta sul piano legale, era però smentita nella pratica, in quanto fu il solo Basilio II a governare, mentre il fratello conduceva una vita sregolata e frivola. È tuttavia proprio la moneta ad esprimere con evidenza questa situazione, rappresentando Costantino VIII con alcuni attributi imperiali (corona, “pendilia”) ma vestito della sola clamide, attributo regale ma sicuramente inferiore al “loros”, la stola riccamente decorata che avvolgeva il corpo dei sovrani, che risulta indossata dal solo Basilio II.

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“Il trionfo di Basilio II sui Bulgari”, (ca. XI secolo), Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Cod. Marc. gr. Z. 17, f. III r. (source: web)


Vi sono infine alcuni piccoli dettagli che distinguono il tetarteron dall’histamenon: nel primo la croce patriarcale che divide il campo del rovescio è arricchita da una piccola X sull’asta, mentre nel secondo la stessa croce è, a volte, decorata da piccole crocette sui bracci. Un discorso a parte riguarda invece la rappresentazione di Basilio II, in quanto essa appare fittizia sul piano fisico e incoerente rispetto alle fonti. Pur avendo regnato per quasi cinquant’anni, l’immagine del sovrano non si modifica in modo rilevante nel corso del tempo, nonostante le testimonianze riconoscano che “Con la vecchiaia gli s’era in verità diradata la barba sotto il mento, ma tutt’intorno alle gote cresceva ancora abbondante, e il pelo era fitto: cosicché bastava ravviare verso l’interno i due ciuffi laterali e l’arco si chiudeva perfettamente” (M. Psello, op. cit., p. 53). Anche nel vestire, infine, il basileo non era solito portare indumenti molto appariscenti o vistosi; pur indossando la porpora, infatti, egli disdegnava gemme e perle, che sono invece molto presenti negli abiti di apparato raffigurati nelle monete d’oro.